venerdì 24 febbraio 2012

Di un altro blog si sentiva proprio la mancanza!...

Embè starebbe per?...
Io un blog non lo volevo aprire. Cioè, ci avevo pensato un paio di volte, su suggerimento di una mia carissima amica nonché coinquilina nonché compagna di avventure, sventure, figure barbine e mille altre cose che non sto qui ad elencare, usciranno piano piano… Suddetta complice di innumerevoli imprese ha un blog da un po’ e ci passo per dare un’occhiata a cosa fa, cosa pensa, cosa fotografa, visto che siamo ancora coinquiline spiritualmente, ma..lei sta in Germania e io al momento in Gallia. Insomma, la cosa mi intrigava perché spesso pensavo che sarebbe stato interessante buttare giù quello che mi passa per la mente o quello che vedo intorno a me e metterlo lì, in un non-luogo in cui degli sconosciuti passano, leggono e magari commentano. Un modo come un altro per raccontare e confrontarsi. Solo che, per come sono fatta io, ho sempre pensato che l’avrei preso come un impegno e che, anche se all’inizio poteva essere divertente e curioso, poi alla lunga l’avrei forse detestato. Magari perché se non riesco ad aggiornalo regolarmente mi scoccia o perché ho la paura di scrivere cose banali che nessuno trova stimolanti o di cui non c’è bisogno di parlare. Poi, sempre suddetta coinquilina, mi spedisce un libro che si chiama “Il metodo sticazzi”, che in pratica cerca di mettere nero su bianco quanto sia salutare, salvifico e appagante dire ogni tanto, appunto, “sticazzi”. Per chi avesse dubbi sul significato dell’espressione (che mi dicono venga usata diversamente al Nord e al Sud Italia), prenderemo per buono quello originale, ovvero il modo in cui viene inteso a Roma e dintorni. “Sticazzi” significa semplicemente “e chi se ne frega?”, è un modo semplice, breve e conciso per dimostrare distacco e imperturbabilità. Per fare un esempio: “Elisabetta Gregoraci va in palestra ogni giorno per minimo 3 ore di allenamento quotidiano” ecco, sticazzi..ovvero, buon per lei, non me ne può fregare di meno. Tutto questo preambolo per dirvi che quando mi è stato nuovamente proposto di scrivere e mi son tornate le paranoie di cui sopra, ho pensato “sticazzi se non aggiorno il blog ogni 2 giorni e sticazzi se non lo infarcisco di imperdibili post” quindi..questo sarà un blog un po’ a manovella, un po’ a intermittenza, un po’ alla cazzo, insomma.
Ma per arrivare finalmente alla risposta all’annosa domanda posta nel titolo… Embè è una meravigliosa espressione che in molti momenti mi ha, direi, salvato la vita, o almeno ha preservato un briciolo del mio equilibrio psicofisico. Embè somiglia un po’ a sticazzi, ma è più versatile. Non è volgare e lo si può usare in qualsiasi circostanza, con qualsiasi interlocutore (più o meno…). Può significare sia sticazzi che “come stai/novità/tutto a posto/raccontami qualcosa/continua a spiegarmi”… Insomma, dipende dal contesto, dal discernimento della persona con cui parlate, dall’intonazione che date alla domanda e da mille altre sfumature. Embè mi è stato utile in più di un’occasione..quando un’amica decise di trombarsi il mio ex, quando qualcuno ha tentato di darmi un consiglio/parere non richiesto, quando trovo attraente un tizio che viene universalmente etichettato come “semicesso”, quando metto le All Star di cotone mentre fuori diluvia, quando dico che gli Osvego sono probabilmente i migliori biscotti al mondo, quando fuori dall’aula d’esame si fanno confronti tra medie ponderate, quando esco col cappello e la gente per strada aggrotta la fronte buttando l’occhio. Embè? Mi piacciono gli Osvego, non mi interessa con quanto ti presenti alla discussione della tesi, non muoio domani se ti trombi quel grandissimo fijodelasumamma e sì, c’ho un borsalino in testa, ok? Embè?
Ecco, appunto, tutto quello che sta qua dentro non ha per forza ordine logico, senso né morale, quello che leggerete qua dentro è quello ho voglia di scrivere. Embè?